Viaggi nel tempo

Qualcuno pensava che il jobs act fosse il punto finale della devastazione dei diritti dei lavoratori,‭ ‬che più in basso non si potesse scendere.‭ ‬Sbagliato.‭ ‬C’è sempre un altro gradino da scendere per i lavoratori e da salire per i profitti,‭ ‬e‭ ‬il governo Renzi‭ ‬-scusate il termine-‭ ‬non si ferma.‭ ‬Il padronato non è ancora contento e il ministro Poletti,‭ ‬ex presidente di LegaCoop e scagnozzo dei padroni,‭ ‬lavora alacremente per la piena soddisfazione delle aziende.‭ ‬Infatti nei giorni scorsi il ministro,‭ ‬non contento di avere lavorato per la nascita del jobs act,‭ ‬ha mostrato a tutti la strada che il governo vuole percorrere in tema di lavoro.‭
Credo sia necessario riportare esattamente quanto detto da Poletti.‭ ‬Cito dal Corriere:‭ ‬“Dovremo immaginare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimento l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera.‭ ‬L’ora/lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione‭”‬.‭ ‬“Apporto dell’opera‭”‬.‭ ‬Adoro la capacità di questi squallidi personaggi nell’inventare eufemismi.‭ ‬La parola eufemizzata‭ ‬in questo caso‭ ‬è COTTIMO.‭ ‬Il cottimo,‭ ‬per essere chiari,‭ ‬consiste nel pagare‭ ‬un lavoratore subordinato per la quantità di‭ “‬pezzi‭” ‬prodotti,‭ ‬non in base alle ore lavorate.‭ ‬Pagare in questo modo è‭ ‬d’uso corrente quando ci si rapporta con un fornitore esterno‭ ‬-un’altra azienda per esempio-‭ ‬oppure un professionista che esegue un lavoro specifico come il progetto di una costruzione.‭ ‬Pagare in questo modo è tipico di un rapporto di lavoro individuale,‭ ‬in qualche modo giustificato se coinvolge alte o altissime professionalità,‭ ‬ma del tutto iniquo e devastante sotto il profilo del salario e delle condizioni di lavoro se utilizzato per rapporti di lavoro subordinato‭ ‬e/o a basso valore aggiunto.
Il cottimo era,‭ ‬prima che le lotte operaie lo facessero sparire,‭ ‬lo strumento usato dai padroni per spingere al limite la produzione e per spremere al lavoratore ogni scintilla di energia costringendolo a sfornare pezzi su pezzi.‭ ‬Siano ingranaggi o articoli‭ ‬per il‭ ‬web,‭ ‬radioline o pratiche assicurative,‭ ‬il principio è lo stesso.‭ ‬Ci sono diverse implicazioni in questo modo di calcolare i salari.‭ ‬Una‭ ‬è che‭ ‬chi lavora,‭ ‬per poter guadagnare qualche soldo in più,‭ ‬deve accelerare il ritmo aumentando in maniera esponenziale i rischi di ferite o di incidenti gravi.‭ ‬La seconda è che,‭ ‬per lo stesso motivo,‭ ‬il lavoratore si preoccupa solo di sfornare una grande quantità di pezzi senza riguardo al tempo impegnato.‭ ‬Se l’unità di misura sono le quantità prodotte,‭ ‬si può far lavorare una persona anche dieci,‭ ‬dodici o chissà quante ore al giorno.‭ ‬Ogni mese,‭ ‬ogni anno sarà obbligato a produrre più pezzi,‭ ‬perché nella logica dell’azienda se ne puoi fare‭ ‬X senza scoppiare allora vuol dire che puoi farne anche‭ ‬X+5.‭ ‬Avanzando su questa strada,‭ ‬svincolando il‭ ‬lavoro da orari e luoghi,‭ ‬il lavoratore diventa in tutto e per tutto un fornitore esterno,‭ ‬quindi in teoria un soggetto che si rapporta direttamente con l’azienda e che non è più tutelato da nessun accordo collettivo.‭
Il sottoscritto non è‭ ‬certo‭ ‬un fan della timbratura del cartellino.‭ ‬Mettere a disposizione del padrone un terzo della propria giornata in cambio di un salario‭ ‬che troppo spesso è misero in maniera offensiva non è certo‭ ‬il mio ideale di vita.‭ ‬Ci sono‭ ‬però‭ ‬diverse gradazioni.‭ ‬Sapere che a un certo punto la sirena suona e puoi salutare il tornio fino a domani è ben diverso‭ ‬dal dover consegnare un certo numero di pezzi al giorno e sapere che fino a quando non li avrai finiti non potrai staccare.‭ ‬Non è un caso che alcune delle più importanti lotte operaie avessero come obiettivo la limitazione a otto ore dell’orario giornaliero,‭ ‬perché è un parametro fondamentale da cui non si può prescindere.‭ ‬L’orario è una minima‭ ‬difesa,‭ ‬un piccolo argine contro la volontà padronale di rosicchiare fino all’osso‭ ‬il nostro tempo,‭ ‬di tenere sequestrate le nostre persone,‭ ‬di trasformare il nostro lavoro nella loro indegna ricchezza.‭ ‬Sì,‭ ‬sembrano parole scritte nell’ottocento,‭ ‬vero‭? ‬Forse perché al di là delle cifre,‭ ‬delle percentuali e degli indici il mondo del lavoro sta arretrando pian piano agli inizi della rivoluzione industriale,‭ ‬quando i lavoratori avevano contratti individuali,‭ ‬erano pagati a cottimo e dovevano pure portarsi gli attrezzi da casa.‭ ‬Certo non siamo ancora a questo punto,‭ ‬ma la deriva è quella,‭ ‬quello è l’ideale cui tendono Confindustria,‭ ‬LegaCoop e governi.‭ ‬Il lavoro in sé stesso‭ ‬è screditato e svilito e il lavoratore‭ ‬che lo fornisce non è‭ ‬considerato come‭ ‬un soggetto ma‭ ‬come‭ ‬semplice fattore di produzione,‭ ‬una variabile di cui minimizzare i costi.‭ ‬Un ritorno al tempo che fu.‭ ‬Un salto attraverso il tempo ma anche attraverso lo spazio,‭ ‬un salto verso gli sweatshops semi-clandestini,‭ ‬le zone speciali di produzione asiatiche e latino-americane,‭ ‬l’economia della rapina e dello sfruttamento sistematico di ogni lavoratore.‭ ‬Altro che innovazione,‭ ‬altro che riforme.‭ ‬Più che nelle altre occasioni,‭ ‬più che per il jobs act,‭ ‬più che per‭ ‬il pacchetto Treu,‭ ‬più che per le riforma delle pensioni,‭ ‬questa volta è imperativo non stare fermi.‭ ‬La macchina del tempo di Poletti ci vuole riportare all’ottocento.‭ ‬Usiamo la nostra macchina del tempo e riportiamo le lotte di ieri qui e adesso.‭ ‬Non lasciamoli fare.

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